Volle il signore 2500 anni fa stanziare popolazioni di Hethei-Pelasgi che dopo aver colonizzato le coste dell’Egeo, vennero a stabilirsi nelle immediate vicinanze dell’attuale città e più precisamente nella zona che va da Capo San Vito a Leporano, dove fondarono una città cui diedero il nome di Saturo, nome che ancor oggi identifica quella contrada, cioè città (-Ur) dedicata a Sat, loro somma divinità.
Narra la leggenda che l’eroe spartano Falanto, prima di avventurarsi nel mare alla ricerca di nuove terre, consultò l’oracolo di Delfi e apprese che sarebbe giunto nella terra di Saturio (nella penisola salentina) e avrebbe fondato una città sul luogo in cui gli fosse caduta addosso una pioggia da “etra”, ossia da un cielo sereno e senza nuvole. Falanto si mise in mare e giunse alla foce del fiume Tara. Stanco del viaggio, si addormentò. La moglie, a ricordo delle peripezie sopportate e dell’oscuro responso dell’oracolo, pianse copiosamente.
Le sue lacrime bagnarono abbondantemente il volto del marito. L’oracolo si era avverato. Una pioggia era caduta su Falanto: le lacrime della moglie “Etra”. L’eroe, sciolto l’enigma, si accinse a fondare la cittàCittà che baciata dalla natura le ha donato uno dei rifugi naturali per legni e navi che nei secoli le hanno conferito prestigio e ricchezza. Scorre nel mio sguardo l’anno della fondazione 706 a.C di Eusebio la fonte. Il suo porto costituiva un tappa obbligata della navigazione da Oriente a Occidente e i ricchi corredi funerari della necropoli mostrano l’esistenza di intensi scambi commerciali. Nella prima metà del V sec. a.C. la città subì una profonda trasformazione, anche dal punto di vista urbanistico. Si costruì una nuova cinta difensiva e si ampliò la superficie monumentale, nel il VI sec. a.C.. Verso la metà del secolo il governo settennale di Archita segnò l’acme dello sviluppo tarantino.
Secondo la quale era vietato alle navi romane di spingersi più ad oriente del promontorio Lacinio. Anche questa volta il predominio del golfo rimaneva nelle mani di Taranto. L’offesa romana di entrare in porto fu riscattata, assalirono perciò le navi e ne affondarono quattro. La visita di Cesare Augusto Ottaviano nel 37 a:C insieme a marco Antonio arricchirono la città di un acquedotto e di un anfiteatro. Traiano l’arricchi con il complesso delle terme Pentascinenses. Il buio dell’impero occidentale non offuscò Taranto ,poi vennero i Goti, i Longobardi, gli Ungari, i Saraceni. Il generale greco Narsete, successo a Belisario, sconfisse Totila e la rifece bizantina. Poi, nel 568 calarono i Longobardi di Alboino e la conquistarono. Solo dopo quarant’anni, nel 967, l’Imperatore bizantino Niceforo Foca, il secondo fondatore di Taranto, che di oggi chiamiamo ‘città vecchia’. Niceforo Foca intuì la posizione di notevole importanza militare e realizzò un ponte su sette arcate (Ponte di porta Napoli) distrutto dall’alluvione del 1883, un castello sull’attuale canale navigabile. Per facilitare il lavoro dei pescatori, abbassò il livello della città lungo il Mar Piccolo, unì la città vecchia alla terra ferma costruendo il ponte di pietra, e ricostruì l’antico acquedotto romano del Triglio, che, proprio attraverso il ponte di pietra, convogliava nella città le acque potabili delle vicine Murge.
Dall’epoca di Roberto di Guiscardo, nel 1085, viene fatto risalire l’inizio della storia del famoso Principato di Taranto. Nel 1266, con la sconfitta di Manfredi a Benevento, da parte di Carlo d’Angiò, Taranto passò ai Francesi. Il titolo di principe fu assegnato a Filippo d’Angiò. A questo lungo e prosperoso periodo di quattro secoli, si fanno risalire la costruzione della Cattedrale di San Cataldo, l’intensificazione del culto per il Patrono e la costruzione della chiesa dedicata a San Domenico Maggiore. Dal taglio della penisoletta, con la creazione del famoso “fosso”, con funzione protettiva della città, che poi fu allargato ed approfondito divenendo, nel 1836, l’odierno Canale navigabile Le bianche vele delle tartane turche ,Turchi che per sei mesi si fermarono indisturbati nelle isole Cheradi (1554). Motivo per cui sorsero numerose torri di avvistamento: “le torri costiere torre Saturo, torre Castelluccia, torre Ovo, ecc. Echi di battaglia si udirono a S.Maria della Giustizia, a Capo San Vito distruggendone il fortino e infine urla gioiose tarantine alla distruzione definitiva Turca Propulsori da sempre il Castello, in funzione di vita militare e civile, e l’Episcopio, intorno al quale si sviluppava l’attività culturale e religiosa. Ma per trovare concrete significative manifestazioni di affermazioni del pensiero e della cultura, bisogna giungere all’epoca del Rinascimento che segnò l’inizio dell’età moderna.
Subito dopo l’incorporazione di Taranto nel regno (1861), alcuni illustri Tarantini, tra i quali Cataldo Nitti e Nicola Mignognia, si adoperarono per la sua valorizzazione dal punto di vista militare e marittimo. La città e i cittadini acquisirono una nuova fisionomia. Una volta decisa l’istituzione di una base navale prima, con l’arsenale militare e marittimo, di una piazzaforte poi e promossa Taranto a sede del Comando del III Dipartimento marittimo, la città visse intensamente i grandi eventi della patria: la battaglia di Lissa (1866), le vicende della guerra di Libia e di Etiopia e dei due conflitti mondiali. Negli anni successivi in arsenale si lavorava per preparare le navi che dovevano partecipare alla guerra per la conquista italiana della Libia. L’annuncio della guerra libica venne dato a Taranto nel teatro Alhambra dove il pubblico era riunito per assistere ad uno spettacolo. La notizia fu accolta con entusiasmo dai tarantini che vedevano in questa grandi vantaggi economici.
Poco prima che scoppiasse la 1a Guerra Mondiale nasceva a Taranto una nuova industria, quella dei cantieri navali Franco Tosi. Quando, nel 1915, scoppiò la 1a Guerra Mondiale la città fu trasformata in una gigantesca caserma dove transitavano decine di migliaia di soldati di tutte le razze e nazioni diretti al fronte. La guerra fu vissuta nella sua brutalità a Taranto solo una volta, la notte tra il 2 e il 3 Agosto del 1916, quando per un attentato esplose la nave militare LEONARDO DA VINCI. La presenza a Taranto di molti militari portò a migliorare le condizioni economiche di quei commercianti che vendevano forniture militari (sia di vestiario che alimentare). Certo da sempre il legame Tra Taranto e la Marina Militare è unico e non ha eguali. Amo Taranto come la mia città natia e non credo di essere il solo militare che vivendo in Taranto non la ami e se mai un giorno trasferito non abbia lasciato una lacrima.
Amato di Montecassino avrebbe detto che più? Rispondo alla Pirandello:
Così è se vi pare.