Dare la dovuta importanza alle tradizioni locali, di curarle e difenderle, perchè esse costituiscono un prezioso patrimonio religioso e culturale ed offrono alla fede un radicamento sociale che ne facilita la permanenza e la trasmissione
S. Padre Paolo VI
La processione, in ogni religione, è uno dei riti liturgici ove maggiormente si estrinseca la fede del credente, e la partecipazione ad essa è uno dei modi di attestare e manifestare il legame che unisce l’uomo alla Divinità, quasi a verifica della propria fedeltà a Dio. E’ quindi un atto sentito e non mera ostentazione folkloristica; atto di fede e non esibizionismo di cui dobbiamo quasi provare disagio o insofferenza. La processione nasce anche dalla necessità di manifestare agli altri, agli esclusi, la gioia della partecipazione al culto della Divinità e, quindi, diventa potente veicolo di diffusione della fede. Non dobbiamo, dunque, stupirci che ancora oggi si svolgano delle processioni, nè dobbiamo considerarle un reperto quasi archeologico di una religione fossilizzata. Nella religione cristiana, la processione viene accolta direttamente dalla liturgia del paganesimo, come del resto altre manifestazioni. Naturalmente, lo spirito che la anima è diverso e lontano da quello dei “Gentili.”
Le prime processioni cristiane celebravano i divini uffici dei vescovi nella Chiesa cattedrale, o le visite di questi alle tombe dei martiri nel giorno commemorativo del loro martirio, o il trasferimento di reliquie dei Santi. Poi, grazie al fenomeno delle Confraternite (braccio laico della Chiesa), le processioni ebbero maggior impulso. La processione del Venerdì Santo aveva lo scopo di far rilevare ai fedeli il dolore della Chiesa per la Passione e Morte di Gesù Cristo. La processione come atto di fede e penitenza per la strada; in Chiesa con letture bibliche ed antiche preghiere. Così come avvenne in Montepiloso, quando fece la sua prima apparizione il simulacro del Cristo Morto. Grazie poi all’influenza dei Vicerè Spagnoli furono aggiunti gli strumenti della passione, come il sudario, la colonna, i chiodi, la corona di spine ed altri simboli con il preciso scopo di far meditare il popolo sulle sofferenze patite dal Cristo. Questo nuovo genere di processione era stato importato dalla Spagna nel sec. XVI e molto propagandato nel Regno di Napoli dai Padri Gesuiti. Al termine della processione, gli incappucciati facevano ritorno nella propria Chiesa e il Priore ordinava di spegnere i lumi. Dopo aver intonato il salmo del Miserere, i confratelli si flagellavano il petto denudato con corde e scudisci, tra il pianto del popolo che invocava il perdono dei propri peccati. Tale cerimonia riprendeva quella di alcune Confraternite, sorte nel XIII secolo, dette appunto dei “Battenti” o “Confratum Frustigantium”: fenomeno da noi praticato nella Chiesa di sant’Andrea Apostolo. La statua del Santo (o la sua reliquia) viene portata in processione, perché protegga il paese e i suoi abitanti da sciagure, disastri, morte. E’ un rito propiziatorio contro la precarietà umana con tutta la sua tristezza. Al suo passaggio, pensieri e auspici si affollano nelle menti del popolo: ognuno prega per la propria famiglia, per i propri figli vicini e lontani, perchè il Santo li protegga da ogni male. Sarà questo pensiero che spinge l’uomo a dare denaro per avere una protezione dal Divino? Certo, il Santo non nega una speranza. Il fenomeno, prettamente Medievale, e cioè quello di fare lasciti in cambio della salvezza della propria anima e dei propri familiari, ha ripreso quota al giorno d’oggi, anche se con forme diverse. Nel Medioevo con pergamene e atti notarili, oggi con attacco di denaro a nastrini . Certo che il nastro non lo mette il cittadino della strada, e bene ha fatto il Dott. Calia a ricordare l’episodio del vitello d’oro.
E’ bene ha fatto e detto il Vescovo di Melfi Monsignor Gianfranco Todisco: ha lasciato di punto in bianco i fedeli di Maschito e non ha partecipato alla tradizionale processione di Sant’Elia. Dice che non ha partecipato “perchè la processione riguarda il santo e non il denaro. Insomma, si rende gloria al santo e non al denaro, cadremmo così nella piena idolatria, in grave peccato”. Continua dicendo che “le processioni sono sempre oggetto e misura di pietà popolare e mai di business, sono momenti di fede e non di affari” e che aveva “già detto da tempo agli organizzatori e persino con un comunicato locandina. I preti abbiano il coraggio di dire basta a queste forme di paganesimo, a queste cose blasfeme che trasformano un esercizio di pietà popolare in esibizione di denaro. La fede non si compra”. Parole che possono sembrare dure, ma sono le parole del Vangelo, ed egli da Pastore della Chiesa di Dio esorta i propri fedeli al ritorno vero di fede. Perchè si permette di attaccare il denaro sulle statue o sui cuscini? Forse colui che mette il denaro pensa di avere più grazie o maggior considerazione da parte del Santo? Perche si permette questo, non è per caso un atto di mortificazione per la povera gente che deve lottare per la propria sopravvivenza? E che dire della raccolta di denaro durante le processioni ? I più dicono che servono per il buon andamento della festa.
Affinchè la festa sia un momento di comunione tra i fedeli come quello della festa Patronale, mi dite a cosa servono cantanti e ballerine sui palchi che costano tanto denaro? Ricordiamoci che c’è anche denaro di gente povera, che fa sacrifici per donare qualcosa alla propria Santa. Invece viene dato a cantanti e saltimbanchi . E che dire poi delle invenzioni storiche a corredo della religione della Santa e della fede e della pietà popolare? E che dire di coloro che promuovono tutto questo? Se invece si vuole raccogliere denaro per fare una buona azione, come curare gli ammalati, aiutare i poveri, dar da mangiare a chi non ne ha, manutenere la Chiesa, aiutare i sacerdoti nella loro missione pastorale nel mondo, allora ci si può recare nel silenzio della Chiesa e dare il denaro o al sacerdote, oppure ci sono delle cassette preposte; quello sì che è spirito evangelico. Ma io sto solo sognando, perché finora non s’è mai visto nulla di tutto ciò. In conclusione, bene ha fatto il Vescovo di Melfi: egli ha voluto dare un segno reale contro questa forma di idolatria moderna che nulla ha a che fare con la fede e la devozione popolare.
Questa riflessione è mia personale. Spero di non aver offeso nessuno, e se l’ho fatto, perdonatemi sin d’ora.